
“Per prima cosa togliamo di mezzo la confusione, il polverone che nasconde tutto”. A poche settimane  dal momento in cui il governo dovrà mettere a punto l’ultima versione del decreto delegato fiscale, il presidente del Nens, Vincenzo Visco, torna a chiarire quali sono i dubbi sui diversi passaggi previsti nel testo presentato e poi sospeso. 
Domanda. Perché parla di chiarimento e polverone?
“Perché si presentano alcune critiche tecniche e di contenuto, spacciandole per un desiderio di manette e di irrigidire tutto. Non è così. E dunque vi sono prima di tutto alcune cose da chiarire”.
E quali sono? 
“Soprattutto tre. Punto primo. Nessuno mette in discussione un principio sacrosanto e cioè che sia sbagliato punire con sanzioni penali evasioni fiscali di poco conto. Per quelle ci sono le sanzioni amministrative ed è giusto che sia così, anche perché in un Paese come il nostro, dove vige l’obbligatorietà della sanzione penale, bisogna evitare di intasare inutilmente le Procure. Non a caso, nel Duemila dovemmo riformare in modo approfondito la legge cosiddetta manette agli evasori, proprio per queste ragioni. C’è oggi una soglia di 50 mila euro al di sotto della quale non scatta l’azione penale. Con il decreto il governo la porta a 150 mila, che mi sembra una somma eccessiva. In ogni caso, la soglia già risponde a questa esigenza”. 
Le altre cose da chiarire? 
“Punto secondo. E’ vero che l’amministrazione finanziaria aveva abusato, anche sulla scorta di sentenze applicate retroattivamente, degli interventi sulla base del cosiddetto abuso del diritto. Nessuno mette in discussione che vi era stata una esagerazione. Però c’è modo e modo per intervenire. Siamo arrivati al punto che, con il plauso di tutti gli imprenditori, ora l’elusione fiscale non viene considerata più un reato. Ecco, mi sembra un po’ troppo. E’ sbagliato. Terzo punto. In passato esisteva la cosiddetta pregiudiziale amministrativa, cioè l’azione penale scattava al termine dell’indagine fiscale. Adesso le due inchieste partono autonomamente. Così se l’Amministrazione fiscale giunge alla conclusione che non ci sono fatti rilevanti, può accadere che l’azione penale continui per la propria strada”.
Siamo alle premesse. Ma nel decreto che cosa andrebbe modificato? 
“Fatte queste premesse di chiarezza, bisogna dire che nel decreto delegato vi è un combinato disposto di norme che, lette tutte insieme, finiscono per depenalizzare la frode, se perpetrata ai danni dello Stato”.
Qualche esempio concreto… 
“Primo esempio: si possono emettere fatture false fino a mille euro di valore. Ma se sono false sono false, che criterio è quello del valore oltre il quale si persegue un falso? Secondo esempio: il famoso tre per cento. Ci sono già le soglie minime, i 150 mila euro, che sono già troppi, perché metterci anche il tre per cento? Tra l’altro: che cosa accade se un contribuente evade meno di 150 mila euro, ma più del tre per cento del suo imponibile? Senza dire che fissare una percentuale significa garantire ai più abbienti maggiori spazi di manovra. Terzo esempio: nel decreto si depenalizzano i cosiddetti costi non inerenti, cioè il fatto che un imprenditore imputi come costo d’azienda (con conseguente abbattimento dell’imponibile) somme impiegate per pagare consumi personali e della propria famiglia. E’ un’altra maglia che viene allargata. Quarto esempio: l’eliminazione del raddoppio degli anni di indagini in caso di reati fiscali. Facciamo il caso che nel 2015 un contribuente compia un reato fiscale, nel 2018 l’Amministrazione finanziaria lo scopra e cominci ad approfondire i fatti. Nel 2019, scade il tempo e tutto finisce lì, mentre sarebbe giusto dare il tempo necessario agli approfondimenti. Tra l’altro, questo cambiamento rischia di provocare una perdita di gettito davvero ingente”.
Non sono modifiche di poco conto….
“L’impressione è che per impedire giustamente che le procure siano ingolfate e per evitare, anche qui giustamente, che le piccole evasioni finiscano sotto procedura penale, si stiano in realtà intaccando principi basilari e procedure che disincentivano e scoraggiano gli evasori fiscali. Mi spiego meglio. Facciamo il caso di un furto o una truffa. Se compiuti nei confronti di un privato, non c’è soglia che tenga. L’azione penale va avanti, anche se refurtiva viene recuperata e il reo risarcisce più del dovuto le vittime. Al massimo scattano le attenuanti. Se invece la vittima è lo Stato, tutto questo non vale”.
Significa che bisogna essere più intransigenti?
“Non significa che bisogna essere più rigidi. Assolutamente. Ma che c’è modo e modo di evitare ripercussioni non volute, di evitare gli eccessi”.
Anche a proposito del falso in bilancio si parla di soglie, oltre le quali scatta il reato. Anche in questo caso sarebbe un errore?
“Che devo dire? Un conto è un errore, comprensibile e possibile; un altro è la deliberata modifica delle cose da dichiarare in bilancio perché appaiano in un modo diverso dalla realtà. Non bisogna confondere le due cose, sono profondamente diverse. In una c’è l’errore non voluto, lo ripeto: comprensibile e possibile. Nell’altra il dolo. Sembra che ci si dimentichi che il falso in bilancio è l’azione necessaria e propedeutica se si vuole evadere il fisco e si vogliono realizzare profitti in nero, da utilizzare in altro modo. Faccio l’esempio estremo, ma che ha fondamento nella realtà: senza falso in bilancio non ci sono provviste in nero da utilizzare in mazzette. In un Paese dove la corruzione è uno dei problemi principali da affrontare, come ci ha indicato saggiamente il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, non è una questione da poco, anche se le somme non arrivano al 5 per cento”. 
“Il problema, lo ripeto, non è quello di irrigidire il sistema e di fare una politica manettara. Al contrario, l’obiettivo deve essere quello di un sistema flessibile, equilibrato e che eviti gli eccessi, ma che sappia anche scoraggiare i comportamenti sbagliati. Se si hanno dei dubbi, si prendano per intero i sistemi normativi di altri paesi avanzati. Si prendano le norme della Germania, si prendano le norme della Francia. Non importa la scelta. Guardate che andrebbero bene tutti”.
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