
L’Ufficio parlamentare di Bilancio, l’organismo indipendente creato negli ultimi tempi in diversi Paesi dell'Ocse con lo scopo di vidimare la veridicità delle stime dei rispettivi governi, ha rimandato indietro al ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan, la prima bozza della nota di aggiornamento del Def, che ufficialmente il governo deve presentare a fine settembre.
Non si conoscono i particolari, ma è più che probabile che la mancata bollinatura riguardi le previsioni sulla crescita dell’economia.
Nel Documento di economia e finanza il governo aveva previsto per quest’anno una crescita del Prodotto interno lordo, e conseguentemente anche una crescita delle entrate fiscali, dell’1,2 per cento reale, cioè al netto dell’inflazione. Oggi il governo punterebbe a scrivere nei documenti di bilancio una crescita del Pil dell’1 per cento, al massimo dello 0,9. Solo che per diversi centri di ricerca nazionali e internazionali anche questi numeri sono ottimisti.
Basti pensare che l’ultima previsione del Centro studi della Confindustria, di sicuro non ostile al governo Renzi, per il 2016 prevede una crescita del Pil pari allo 0,7 per cento, per scendere addirittura a più 0,5 nel 2017 (il testo in allegato).
I consumi, che sono stati finora il motore della mini ripresa fatta registrare dall’economia italiana si stanno fermando, come ha avvertito il centro studi della Confcommercio (leggere il testo integrale in allegato).
Le conseguenze sui calcoli e sulle azioni che riguardano la finanza pubblica saranno ovviamente dure da mandar giù per il ministro Padoan, che in pubblico, pur riconoscendo che il sentiero è diventato strettissimo continua a manifestare il proprio ottimismo: a fronte di una molteplicità di impegni che il presidente del Consiglio Matteo Renzi sta prendendo (dalle pensioni al fisco per le imprese, dall’Irpef ai più diversi bonus) i tecnici della ragioneria dello Stato e del Tesoro, intenti a preparare la nota di aggiornamento al Def, dovranno fare i conti con minori risorse disponibili (meno crescita uguale meno entrate). E non solo. Mentre la Banca d’Italia nell’ultimo supplemento al bollettino statistico (in allegato il testo integrale) ha certificato l’ulteriore crescita del debito pubblico (2.252,2 miliardi di euro), è sempre più chiaro che con un valore del Pil che non aumenta come previsto rischia saltare la solenne promessa fatta dagli italiani alla Commissione europea, in cambio della flessibilità sul deficit, di una riduzione del rapporto tra debito e Pil, costantemente in crescita in questi anni.
Insomma, ancora è presto per parlare di dettagli, ma un fatto è già chiaro: molte promesse e molte speranze rischiano dii infrangersi sul muro della realtà.
Non a caso, mentre il presidente del Consiglio continua a fare promesse, dalla Ragioneria filtrano le solite ricette di sempre, a cominciare dal taglio della spesa sanitaria, già portata negli ultimi anni ad un punto di rottura, tanto da mettere in discussione la reale universalità di un sistema del quale milioni di italiani, i più poveri, i più deboli, non riescono più a fruire.
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