
Gli ultimi dati Istat sulla disoccupazione, sull’inflazione e sul clima di fiducia delle famiglie e delle imprese confermano le caratteristiche di questa fase di lunga coda della crisi più lunga e più dura degli ultimi decenni.
Il massimo della gioia riguarda il fatto che i prezzi non scendono più. Per la prima volta non si può più parlare di deflazione. Ma i dati sulla disoccupazione restano drammatici e allarmanti, in particolare tra i giovani e nelle regioni meridionali. E il clima di fiducia delle famiglie è tornato in flessione (dati di aprile), come pure quello delle imprese.
Non solo. Anche nei paesi dove la ripresa si è già fatta sentire, dopo una gigantesca iniezione di denaro liquido nell’economia, come è avvenuto negli Usa, si ricominciano a vedere segnali contrastanti, di nuovi problemi.
Questo non significa che non si possa essere ottimisti sul futuro. Ma bisogna restare con i piedi per terra. E capire bene che cosa significhi ottimismo nelle consizioni attuali.
La coda della crisi non basterà da sola a togliere di mezzo le macerie prodotte in questi anni, né la ripresa arriverà da sola a livelli tali da riassorbire almeno in parte l’occupazione persa: saranno necessari tempo e anche politiche adeguate.
Da questo punto di vista, se Il quantitative easing adottato dalla Banca centrale europea rappresenta un esempio positivo, la tegragona e convinta difesa dell’ideologia dell’austerity in sede europea sta provocando lo stesso effetto di un freno tirato al massimo nel momento della partenza.
E’ possibile che l’idea di adottare una politica davvero espansiva, certo non basata sul solo piano Juncker, possa guadagnare maggiori consensi. Ma non è detto che un tale ripensamento arrivi, né che arrivi in tempo.
Il rischio di tutto questo è che la ripresa si possa sì intravedere di nuovo, ma troppo debole per portare benefici visibili e percepibili da tutti, e che presto, troppo presto, si trovi di nuovo in bilico, senza che le macerie lasciate dalla crisi siano state rimosse o che sia stata avviata una nuova fase di ricostruzione.
Occupati e disoccupati. I dati Istat sono chiari. A marzo il tasso di disoccupazione è tornato a crescere dopo i cali registrati a dicembre e a gennaio e la lieve crescita a febbraio. In particolare, a marzo il tasso di disoccupazione è aumentato di 0,2 punti percentuali arrivando al 13 per cento. Su base mensile, sono stati registrati 52mila disoccupati in più (+1,6 per cento), mentre nei dodici mesi il numero dei disoccupati è cresciuto del 4,4 per cento, pari a 138mila persone in più, e il tasso di disoccupazione di 0,5 punti. Il tasso di occupazione, sempre a marzo, è sceso di 0,1 punti percentuali su base mensile attestandosi al 55,5 per cento. Dopo il calo del mese di febbraio, sempre a marzo, gli occupati sono diminuiti dello 0,3 per cento, pari a 59mila unità in meno. Su base annua, l'occupazione è risultata in calo dello 0,3 per cento, pari a 70mila unità in meno.
I prezzi. L'indice dei prezzi al consumo per l'intera collettività nazionale, al lordo dei tabacchi, è salito dello 0,3 per cento rispetto a marzo e ha registrato una variazione nulla su base annuale (-0,1% a marzo).
Clima di fiducia. L'indice composito del clima di fiducia dei consumatori, espresso in base 2010=100, è diminuito ad aprile 2015 a 108,2 da 110,7 del mese precedente. Anche l'indice composito del clima di fiducia delle imprese italiane (Iesi, Istat economic sentiment indicator), in base 2010=100, ha mostrato un calo, scendendo a 102,1 da 103,0 di marzo.
Sono risultati in diminuzione tutti gli indici delle componenti del clima di fiducia dei consumatori: in particolare quello economico, passato a 134,4 da 144,1; quello personale, a 98,9 da 99,7; quello corrente, a 101,3 da 102,2 e quello futuro a 118,6 da 123,6.
Peggiorati i giudizi dei consumatori sull'attuale situazione economica del Paese (a -62 da -57 il saldo) e le attese sull'economia (a 10 da 22). Il saldo dei giudizi sulla dinamica dei prezzi al consumo negli ultimi 12 mesi è aumentato passando a -15 da -26 e quello delle attese per i prossimi 12 mesi conferma questa tendenza (a -13 da -28). Sono peggiorate le aspettative sulla disoccupazione (a 22 da -1 il saldo).
Riguardo le imprese, sono migliorati l'indice del clima di fiducia del settore manifatturiero (a 104,1 da 103,7) e del commercio al dettaglio (a 105,9 da 103,0), mentre è sceso quello delle imprese di costruzione (a 113,3 da 116,0) e dei servizi di mercato (a 104,4 da 108,1).
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