
Brexit fa paura, almeno per l’immediato, ma sta funzionando anche come un paravento per un timore ancora più profondo e che guarda ancora più lontano: la possibilità che l’economia mondiale non possa tornare per un lungo periodo a tassi di crescita decenti o che addirittura si avvii a una lenta ma progressiva stabilizzazione intorno a una crescita zero o poco di più.
Lo testimoniano le ultime decisioni, ma anche e soprattutto le previsioni rilasciate dalle tre principali banche mondiali prima ancora che i cittadini britannici decidessero a favore dell'uscita dall'Unione europea: la Federal Reserve Usa e la Bank of Japan, in occasione delle riunioni e delle decisioni dei rispettivi comitati monetari (in allegato i testi integrali delle previsioni e degli statements dei presidenti), la Banca centrale europea con la pubblicazione del bollettino economico (in allegato il testo integrale).
In tutti e tre i casi, infatti, gli effetti della fuoriuscita della Gran Bretagna dall’Unione europea sono stati messi in primo piano. Ma dietro, e con uno sguardo allungato sul futuro, hanno fatto capolino nei documenti ufficiali di tutte e tre le banche centrali le preoccupazioni per un’economia che non riesce a scuotersi, a uscire dal lungo letargo che ha fatto seguito a una delle crisi più lunghe e dure della storia del capitalismo.
La Bank of Japan ha lasciato la politica monetaria invariata malgrado il recente apprezzamento dello yen rispetto al dollaro e all’euro. Ma sia nelle previsioni che nel comunicato non ha mancato di segnalare che l’obiettivo di un'inflazione al 2 per cento continua a essere incerto (in aprile i prezzi al consumo sono scesi dello 0,3 per cento). E la Boj nel comunicato finale parla esplicitamente di un'economia in "ripresa moderata", dicendosi pronta a "prendere nuove misure, se necessario".
La Banca centrale europea non si è discostata dallo stesso canovaccio. Brexit fa paura , ma la ripresa era debole anche prima e sussistono anche numerosi altri rischi. “La crescita mondiale è rimasta debole nel primo trimestre del 2016. In prospettiva, l’attività mondiale dovrebbe continuare a espandersi a un ritmo modesto. I bassi tassi di interesse, i miglioramenti nei mercati del lavoro e il clima di fiducia più positivo sostengono le prospettive per le economie avanzate. Il quadro per i paesi emergenti rimane invece più incerto in un contesto in cui la crescita si indebolisce in Cina e i paesi esportatori di materie prime si trovano in una fase di aggiustamento in risposta al calo dei prezzi di tali prodotti”. “Il PIL in termini reali dell’area euro è aumentato in misura significativa nel primo trimestre del 2016. La crescita continua a essere sostenuta dalla domanda interna, mentre è frenata dalla debolezza delle esportazioni. I dati più recenti indicano una prosecuzione della crescita nel secondo trimestre, anche se a un ritmo che potrebbe essere inferiore rispetto al primo trimestre. In prospettiva, il Consiglio direttivo della Bce si attende che la ripresa economica proceda a un ritmo moderato ma costante. La domanda interna continua a essere sorretta dalla trasmissione delle misure di politica monetaria all’economia reale. Condizioni di finanziamento favorevoli e miglioramenti della redditività delle imprese seguitano a promuovere gli investimenti. Inoltre, i protratti incrementi”. “Le proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro formulate nel giugno 2016 dagli esperti dell’Eurosistema indicano un incremento annuo del PIL in termini reali pari all’1,6 per cento nel 2016 e all’1,7 per cento nel 2017 e nel 2018”.
Insomma, poco, davvero poco, e neppure sicuro. Secondo la valutazione del Consiglio direttivo della Bce, “i rischi per le prospettive di crescita dell’area dell’euro restano orientati verso il basso, ma risultano più equilibrati sulla scorta delle misure di politica monetaria attuate e dello stimolo che deve ancora manifestare i suoi effetti. I rischi al ribasso sono ancora connessi all’andamento dell’economia mondiale, all’imminente referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea e ad altri rischi geopolitici. Secondo la stima rapida dell’Eurostat, nell’area dell’euro l’inflazione sui dodici mesi misurata sull’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC) è stata pari a -0,1 per cento in maggio”.
La Federal Reserve Usa, la prima ad uscire allo scoperto in questa fase, ha presentato le consuete previsioni sui diversi scenari possibili. E mentre pochi mesi, a marzo, la Fed prevedeva per quest’anno e fino al 2018 una crescita sicuramente superiore al 2 per cento, ora le previsioni per il triennio stanno intorno al 2 con una fascia di oscillazione che tocca in basso percentuali non proprio soddisfacenti: 1.8-2.2 per il 2016 fino all’1.5-2.2 del 2018. Come dire: se tutto va bene, ma proprio tutto tutto, sarà una crescita deludente.
Molto diplomaticamente Janet Yellen, presidente della Fed, ha annunciato che resta in vigore il previsto percorso di revisione al rialzo dei tassi di interesse, ma che per prudenza adesso non se ne parla. "Un approccio cauto alle politiche monetarie è appropriato" ha detto Yellen. "Il rallentamento dell'economia in parte non era atteso, i più recenti indicatori economici sono stati contrastati. Continuano ad esserci vulnerabilità a livello globale. "La Brexit è stata uno dei fattori di incertezza di cui si è discusso. Il voto nel Regno Unito può avere conseguenze economiche e sui mercati finanziari". L'andamento dei tassi di interesse e il ritmo di futuri rialzi "non è su una via predeterminata" e il costo del denaro è destinato a rimanere "al di sotto dei livelli di più lungo termine per un certo periodo" ha continuato Yellen. In particolare, la Fed continuerà a monitorare i progressi in termini di inflazione, che dovrebbe "tornare verso il target del 2% nel corso dei prossimi due o tre anni". Yellen ha inoltre spiegato che "i progressi del mercato del lavoro sono rallentati in modo marcato", ma ha ribadito che "è importante non reagire in modo eccessivo" ai dati sull'occupazione (in maggio sono stati creati molti meno posti di lavoro del previsto, meno di 40mila). Il numero uno della Fed ha spiegato che "il rallentamento di alcune parti dell'economia è stato inaspettato", ma la Fed continua a prevedere "un graduale incremento dei tassi di interesse nel corso del tempo".
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